Alfredo Pirri-The material is malleable in front of the Mind (2012)

engl. below

La materia è plasmabile difronte alla mente – di Alfredo Pirri

…oggi penso a dei lavori d’arte che possano stare sulle stazioni orbitanti e sulle astronavi…Federico Fusj – 2010

22. Definisco l’Immortale plasmato, perché è una forma di energia; è informazione vivente. Riproduce se stesso non attraverso l’informazione o in informazione, ma come informazione.

23. Il plasmato è in grado di unirsi a un essere umano, creando quello che io chiamo un omoplasmato. Questo annette l’uomo mortale al plasmato in forma permanente. Conosciamo questo col nome di “nascita dall’alto” o “nascita dallo spirito”. Venne iniziato da Cristo, ma l’Impero distrusse tutti gli omoplasmati prima che potessero riprodursi.

Tratto da Cryptica scriptura, in “La trilogia di Valis” di Philip K. Dick.

Le righe che seguono, sono finalizzate (per me) a riflettere e guardare meglio le opere recenti di Federico Fusi, artista Senese che ha fatto della scultura la sua pratica preminente. Riflettere sul suo lavoro scultoreo ci sarà utile non solo per comprendere meglio la sua poetica ma per trarne elementi utili a penetrare nelle forme e nelle idee generali riguardanti cosa sia oggi fare scultura.  Una pratica che lui compie in maniera danzante, con passo veloce ed elegante mosso da una sintesi di suoni classici e futuri.

Proprio questa sintesi sonora che (sempre in me) fa da sfondo e da vita drammatica ai suoi soggetti, mi spinge a pensare che Federico Fusi abbia dato vita a un nuovo genere artistico: La scultura di fantascienza.

Perché la fantascienza? Perché è la forma narrativa che riesca a tenere perfettamente insieme fantasia e ragione in modo tale che la fantasia risulti reale e la ragione illusoria. La fantascienza è la sola storiografia che porti a una comprensione del mondo, soprattutto di quello futuro. Una forma di saggistica storica e allo stesso tempo visiva che troppo spesso è stata definita “visionaria” (…che naturalmente sta per pazzesca …) volendone indicarne con quel termine la dimensione obliqua e sognante e ignorando invece la centralità del visivo e dell’uso della forma in generale come dimensione sia di pensiero sia di rappresentazione. In questo senso l’accostamento con la scultura di Federico Fusi è realistica; ambedue ci aprono porte finora considerate chiuse, o, almeno socchiuse nel tempo e mai riaperte. Porte dietro le quali si è intravista una luce che siamo stati incapaci di seguire con fiducia standovi dentro. La luce del racconto fantastico e della sua dimensione religiosa, non tanto quanto pratica partecipativa ma come azione formale e formativa finalizzata alla sua esegesi.

Le sculture di Federico Fusi, spesso realizzate con marmi tipici della terra Toscana, hanno una doppia funzione: interpretare e plasmare. Ambedue le funzioni provengono da un perfetto armonico di tradizione e futuro, proprio come in un (buon) romanzo fantascientifico. L’interpretazione del testo Biblico, meglio di un solo termine prelevato dal flusso di parole che lo compongono (in un insieme di relazioni espressive) è praticato attraverso una modellazione dello stesso che appartiene proprio alla pratica secolare dell’interpretazione di ogni singolo passo o parola del testo sacro nel tentativo di fornirgli nuova luce e nuova comprensione. Plasmare le parole e dargli forma tridimensionale allora è atto fondamentale dell’interpretazione stessa, scolpire e recitare sono la medesima cosa, la medesima pratica. Il risultato tecnico e formale di quest’attitudine appartiene più alla natura dell’ologramma che a quello dell’oggetto plastico. L’opera, seppure ci parli con linguaggio tradizionale, addirittura dialettale, ci appare come una proiezione luminosa nello spazio e non siamo più noi, col nostro corpo a ruotargli intorno per vederne tutti i lati e comprenderla meglio, ma è lei che gira nel vuoto di una sospensione linguistica fatata e pesante allo stesso tempo. La mia impressione è che stia lì a mostrarsi pericolosamente con impressione di leggerezza, ma appena tolta la spina e levata l’energia che la tiene in aria precipiti a terra col suo peso di pietra, magari colpendoci un piede e ricordandoci così all’improvviso (e dolorosamente) della natura reale delle parole. Intendiamoci, tutto questo non ha niente a che vedere con i giochi tipografici della poesia visiva, piuttosto con lo stupore che avrà certamente provato chi ha interpretato per primo i Manoscritti biblici di Qumran, ne ha svolto il rotolo ed esposto alla luce del sole i caratteri. Chi l’ha fatto si è esposto all’immediata conoscenza dei suoi versi come al sole stesso, non è stato lui a tradurne le parole ma le parole a trasmigrare in lui (e di conseguenza in noi) evaporando dal rotolo e proiettandosi come fa il cinema su uno schermo. A questo “proiettare” assomiglia il plasmare la materia attraverso la pratica scultorea di Federico Fusi. Non è solo il marmo a essere plasmato dallo scultore, ma tutti noi siamo modellati dalla visione di una sua opera unendoci a essa come si fa con un libro.

Del libro (o poco più) le sculture di Federico Fusi ne hanno la dimensione, potrebbero essere maneggiate se non fossero pesanti, ma questa impressione di maneggevolezza rimane impressa nell’opera e ci fa pensare (proprio in virtù del peso) alla forza di chi si permette di farlo, di chi può con facilità prenderne in mano le parole che compongono la scultura e giocarci come con un palloncino, rigirandole e dandogli ogni volta significato nuovo. Di questo personaggio tanto forzuto  lo scultore ci parla, ma noi non riusciamo a comprendere (neanche attraverso il racconto che ne fa Federico) chi esso sia.

Alfredo Pirri, Settembre 2012

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The material is malleable in front of the Mind – by Alfredo Pirri (2012)

Today I think of artwork that can stay on orbiting stations and spaceships…. Federico Fusj – 2010

22. I define the Immortal shape, because it is a form of energy, it is a living information. It reproduces itself not through information or in information, but such as information.

23. The shape is able to join a human being, creating what I call a omoshaped . The mortal human being  is united with the shape in a permanent form. We know this as the “birth from up” or “born of the spirit.” It was begun by Christ, but the Empire destroyed all the omoshapeds before they could reproduce.

(from Cryptica scriptura, in “Valis Trilogy” by Philip K. Dick.)

The following lines are finalized (for me) to reflect and look better recent works of Federico Fusi, artist from Siena, who made about sculpture his pre-eminent practice. Reflecting on his sculptural work will be useful not only to better understand his poetry but to draw useful elements to penetrate in the forms and general ideas about what to do today making sculpture. A practice that he does as a dance, with a fast and smart step and moved by a synthesis of classic and future sounds.

It is this sound synthesis that (still for me) is the background and gives dramatic life to his subjects, leads me to think that Federico Fusi has given birth to a new kind of art: Sculpture of science fiction.

Why science fiction? Because this narrative form is able to keep perfectly together imagination and reason so that fantasy looks  real and reason looks illusory. Science fiction is the only historiography that leads to a comprehension of the world, especially of the future. A form of historical essays and at the same time visual essays that too often has been called “visionary” (… which of course would mean crazy …) and meant  whith that term the oblique and dreamy dimension, ignoring instead the centrality of the visual form and generally the use of the shape as dimension both of thought and representation. In this sense the combination with the sculpture of Federico Fusi is realistic, both are opening doors previously considered closed or at least narrowed over time and never reopened. Behind these doors had glimpsed a light that we were unable to follow with confidence despite being inside. The light of the fantastic story and its religious dimension, not so much as participatory practice as formal and formative action finalized to its exegesis.

The sculptures of Federico Fusi, often made with typical marble from Tuscany, have a dual function: to interpret and to shape. Both functions are coming from a perfect harmony of tradition and future, just as in a (good) science fiction novel. The interpretation of the biblical text – better than a single term picked up from the stream of words that compose it (in a set of expressive relationships) – is practiced through a modeling of the same which  actually belongs to the secular practice of interpretation of each step or word of the sacred text in an attempt to give a new light and new understanding. Then shaping words and giving three-dimensional form are fundamental act of interpretation, sculpt and act are the same thing, the same practice. The technical and formal result of this attitude belongs more to the nature of the hologram than to the plastic object. The art-work, although speaks to us with traditional language, even dialect, it appears  to us  as a projection of light in the space and we are no more ourselves, with our body revolving around to see all sides and to understand it better, but it is running in a vacuum of a linguistic suspension, fairy and heavy at the same time. My impression is that it is there showing dangerously itself with impression of lightness, but as soon as the plug is removed and raised the energy that holds it in the air, it precipitates to the ground with its weight of stone, maybe hitting us a foot and reminding suddenly (and painfully) to us the actual nature of the words. Mind you, all this has nothing to do with typographical games of visual poetry pretty with astonishment that will certainly have tried those who have interpreted the first biblical manuscripts from Qumran, those who have played the roll and exposed the characters to sunlight. Who did it is exposed to the immediate knowledge of its verses as the sun itself, it was not him to translate the words but the words to transmigrate in him (and consequently in us), evaporating from the roll and projecting as does the film on a screen. This ” projecting ” is like shaping the material through the sculptural practice of Federico Fusi. It is not only the marble to be shaped by the sculptor, but we are all shaped by the vision of his work joining us to it as you do with a book.

The sculptures of Federico Fusi have the dimension of the book (or so), they could be handled if they were not heavy, but this impression of maneuverability remains imprinted in the work and makes us thinking (just by virtue of the weight) to the strength of those who can do it, who can easily take in hand the words that make up the sculpture and play like a balloon, turning them and giving every time new meaning. Of this character so powerfull the sculptor speaks to us, but we can not understand (even through the story makes Federico) who it is.

Alfredo Pirri, September 2012

Questo testo è stato scritto da Alfredo Pirri in accompagnamento alla mostra Roeh, Pinacoteca Nazionale di Siena, 2012/This text was written by Alfredo Pirri in occasion of the exhibition Roeh, Pinacoteca Nazionale di Siena, 2012.